Dopo Teheran

Cairo Publishing

Dopo Teheran

Quando Marina Nemat esce dal carcere di Evin ha diciotto anni, e dopo ottocento giorni di prigionia vuole solo dimenticare: le torture, il terrore, la conversione all’islam e il matrimonio forzato con uno dei suoi carcerieri, la morte violenta di lui in un attentato. Vuole tornare dalla sua famiglia, da Andre, il ragazzo di cui era innamorata prima che la arrestassero, andare avanti e sentire che il passato è passato e non tornerà mai più. Del resto è un muro di silenzio quello che si alza immediatamente tra lei e i suoi genitori, loro non le chiedono nulla su ciò che ha vissuto, non vogliono sapere. Andre l’ha aspettata, si sposano, si trasferiscono in Canada, hanno due figli, si integrano nella vita del paese che li ha accolti, e riescono perfino a far arrivare i genitori di lei dall’Iran. Il muro del silenzio è sempre lì, ogni giorno più massiccio, rassicurante e insieme terribile. Un muro destinato a crollare. La morte della madre è la prima breccia: è il 2000, sono passati sedici anni dal suo rilascio da Evin. Al funerale, Marina si abbandona a un attacco isterico. Tutti pensano che sia il dolore della perdita, lei sa che è giunto il momento di fare i conti con se stessa. Flashback improvvisi e laceranti irrompono nei suoi giorni e nelle sue notti: l’infanzia, la nonna tanto amata, e poi il carcere, le torture. Marina crede di impazzire, il passato è tornato, stavolta non può più ignorarlo. Nasce così Prigioniera di Teheran – la sconvolgente cronaca di una gioventù interrotta da un regime feroce – che diventa subito un bestseller mondiale. Oggi scrittrice di successo, Marina Nemat ripercorre quel cammino a ritroso, i lunghi anni dopo Evin, dopo Teheran. Riprende possesso di quella vita sospesa, in un certo senso non vissuta, prima della decisione di guardare in faccia il trauma. E lo fa attraverso alcuni oggetti importanti che si raccontano: una spilla a forma di libellula, le foto dei figli, un rosario, il passaporto canadese… e tanti altri ancora. Oggetti come forme di un destino che si compie nella memoria ferita e riconciliata di una donna che sceglie la testimonianza come riscatto e come salvezza. E che non vuole smettere di dire.

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